21º
Nonno Salvo
La seconda parte della mia terza vita
Quindi. Ero salvo, ma i problemi dovevano ancora cominciare.
Non avevo ancora finito di leccarmi le vibrisse intrise di latte, ed ecco che sento la mia salvatrice parlare concitatamente al telefono.
Ma io sono solo di passaggio qui, ero venuta per lavoro ed ho finito, devo assolutamente rientrare col treno delle sette.
la sento quasi strillare sulla soglia del bar. La sua vocina non è più suadente e argentina, ha un tono fra il concitato e l’esasperato.
Certo che ho fatto un annuncio su facebook. Certo, certo. Sulla pagina degli animali smarriti e ritrovati. Certo, anche sulla pagina delle adozioni. Sì, sì, pure su quella delle gattare di Salerno. E no, niente, niente. E ho il treno fra un’ora. Non so che fare. Povero micio, come faccio lasciarlo qui?
Mi prende un colpo al cuore, almeno sette extrasistoli una dietro l’altra, e non è il latte che mi si è messo sullo stomaco. Quindi adesso che mi ha salvato, sta per lasciarmi? E io che faccio? Torno in strada a smoccolare ed elemosinare avanzi di cibo? Perché ho intravisto il paradiso e adesso devo ricalare sulla terra? Siccome a causa della pessima vista ho l’udito finissimo, riesco a sentire il le sue dita volare sulla tastiera del telefonino e intuisco che sta freneticamente cercando una soluzione per me, e il mio cuoricino batte allo stesso ritmo. Poi uno squillo, lei non aspetta il secondo.
Pronto, sì sono #Roberta
ha il fiato appena un po’ corto,
Sì, sono io che ho fatto l’annuncio, ah. Sì, Maria, #Mary Rose, certo, ho sentito tanto parlare di te!
il tono è più sollevato, la voce si fa fiduciosa
Ma davvero verresti subito a prenderlo? Sei proprio un angelo, me l’avevano detto!
Sento che sorride e corre ticchettando verso di me.
Tranquillo, micio, ora viene una signora bravissima a prenderti e ti porta al calduccio!
Peccato però che lei debba andarsene, non mi sarebbe dispiaciuto passare il resto dei miei giorni con la Principessa Roberta come in una bella fiaba. Non dico niente per non rattristarla, però le do due belle testatine alle gambe e faccio un flebile ronfo per esprimerle tutta la mia gratitudine. Sento che si fa controllare dal barista gli orari dei treni ed è sollevata perché lui le dice che ce n’è anche uno alle venti e trenta.
Allora aspettiamo insieme che venga Mary
mi rassicura.
Il ragazzo del bar comincia a fare un po’ rumorosamente pulizia, segno che sarebbe ora chiudere, ma non dice niente e non ci caccia fuori al freddo. Mi sembra fin troppo breve il tempo che passa (perchè è il tempo che mi separa dal momento che devo dire addio alla mia salvatrice), fin quando sentiamo una sgommata davanti alla vetrina e una folata di aria fresca irrompe nel locale.
Eccomi!
la voce è calda e con un leggero accento locale, e sento un profumo delicato di acqua di rose e di varechina, l’odore di pulito che emanano le mamme dalle nostre parti, e una mano morbida si posa sulla mia testa.
Ciao, micetto. Mammamia come sei ridotto! Un altro ancora! Ma vieni con me, che ora ci penso io per te.
All’epoca non capivo che cosa poteva voler dire con quell’un altro ancora, ma il tono è decisamente rassicurante, e mi lascio infilare in una gabbietta che Mary Profumo di Rose deve aver portato con sé. Fata Roberta mi fa un’ultima carezza attraverso le sbarre, saluta e ringrazia il barista per la sua pazienza (“Certo, certo, ci vediamo, ogni tanto passo di qui e vengo a salutarti”), bacia rumorosamente Mary e svanisce nella sera umida.
Ha inizio la seconda parte della mia terza vita. La copertina nella gabbietta è morbida e profumata come le mani di Mary, e non posso sapere che i guai non sono ancora finiti.