un Click per ascoltare!

Istericona


24º
Abby

 

Vorrei spezzare una lancetta a favore dell’Istericona. Sì, avete capito bene. Non una lancia, una lancetta. La lancetta dell’orologio.

Perché quando Abby è arrivata alle due di notte col furgone bianco pieno di animali diretti verso la loro nuova vita, guidato da un signore precisissimo, tutta linda e pinta e profumata con la sua gabbietta ricoperta dalla mantella rosa, con i documenti e la foto appiccicata sopra, tutto sembrava facile. Gli Zii devono aver pensato: la porti a casa, le fai due carezze, le servi una pappa buona e lei si scioglierà in effusioni, piena di gratitudine per l’opportunità che le hai offerto. Tempo due giorni, tanto perché si ambientasse nella nuova casa e facesse amicizia con gli altri abitanti, e poi sarebbe stata libera di muoversi in casa e nel giardino e godersi tutta la compagnia e tutta la libertà.

Tipo me, insomma.

E invece no. La Zia ingenuamente ha allungato la mano per farle una carezza mentre apriva lo sportello del trasportino e... vabbè, vi risparmio i sanguinosi risvolti.

Poi Abby si è rifugiata in cima ai pensili del retrocucina. Da lassù soffia e unghia a chiunque si avvicini. Ancora oggi, a più di una settimana dal suo arrivo. Istericona l’ho chiamata, un po’ per sdrammatizzare, un po’ perché mi fa tenerezza.

Perché io lo so che l’aggressività di noi gatti è molte volte un modo per nascondere la paura. Mi sembra che valga pure per gli umani.

Essì. Perché di paura deve averne avuta tanta, Abby. Quando si è accorta che quel collarino bicolore, una volta elegante, forse scelto con cura, magari perfino con amore, chi può dirlo, per fare pendant con la sua pelliccia bianca e nera, non cresceva mentre il suo collo si faceva di giorno in giorno più grande. Quando iniziava a zamparlo per liberarsene e invece la chiusura di sicurezza (sicurezza di che? Di chi!) invece non cedeva. Quando la parte esterna del cinturino si sfilacciava a furia di unghiate mentre la sua anima si induriva come quella dei passanti indifferenti. L’ho toccato con la zampa quel cinturino che è arrivato con Abby insieme ai suoi documenti. Attesta la sua identità molto più di un passaporto. Segni particolari: rabbia e angoscia. E solco indelebile sul collo.

E adesso, fra una ringhio e una zampata, siamo contenti se lascia per qualche istante quel suo rifugio in cima ai mobile, gioiamo se il raggio di esplorazione del suo ristretto territorio aumenta ogni giorno di venti-trenta centimetri, se la mattina si notano tracce di una sua discesa nel silenzio della notte. Una cacca nella lettiera che il giorno prima non c’era, due crocchette spazzolate dal piattino messo per lei su un piano rialzato. Le immagini registrate dalla videocamera che lo Zio ha piazzato nel retrocucina e che ogni mattina sbobina pazientemente. Per capire.

Minuscoli, quasi impercettibili progressi. Semini di speranza.

Una medicina, dite? È da quando in qua una medicina ha curato la sfiducia verso il mondo? Un comportamentalista, dite? Mi sa che non possiamo permettercelo. Come lo so? Nono, non è nella mia indole frugare con la zampa nei portafogli o nei cassetti. Ma so che gli Zii vanno spesso su Zooplus e raramente al ristorante.

Ecco. Bisogna darle tempo. Tanto tempo. Bisogna spezzare le lancette dell’orologio.

  • 1
  • 2
  • 3
  • 3

Lascia un commento

Stai commentando come ospite.

Il 21º gatto

My Work Talks

Via Degli Ulivi
Città Sant'Angelo

Contatti

Email:

un Click per ascoltare!
Questo sito NON utilizza cookie di profilazione. Cookie Policy